Airton Pollini in un suo saggio apparso sulla Rivista "Pallas", parla
delle percezioni degli antichi Greci nei confronti della frontiera nella Magna
Grecia.
Prendendo a riferimento un breve testo del Timeo (e riportato in: Strabo
6, 1, 9 ; Diodorus Siculus 4, 22, 5 e Pausanias 6, 6, 4) suggerisce l’esistenza
di due concetti di frontiera presenti nella cultura delle colonie greche: a) la
frontiera fisica che delimita i confini tra due città di fondazione; b) e
quella relativa al confine con i territori indigeni non ancora colonizzati.
Quest’ultima indefinita e mobile è in assoluto molto simile a quella che
diventerà la frontier verso i territori dell’ovest nell’America del XIX
secolo. Ma se la “frontier” non è stata creata intorno all’epopea del Far West
e dell’identità culturale americana, perché non scavare ancora più indietro,
nel mondo dei padri... nella Mesopotamia come in Egitto, e al tempo della
nascita di Israele.
Il giardino
dell’Eden, come ogni altro hortus è e deve essere conclusus
(recintato) perché la sua essenza risiede nella sua unità spaziale e nella
separazione dall’esterno e così anche se non è fatta esplicita menzione alle
sue frontiere è ben chiaro che la trasgressione di Eva e Adamo ha la sua
origine proprio nel voler sorpassare quel confine: il parallelo con il mito del
vaso di Pandora è immediato.
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